lunedì 15 dicembre 2008

Chi ha vinto e chi ha perso

Il sud fa volare il cavaliere ma gli asini restano a terra
di Mimmo Loiero

Di nuovo prima repubblica, ancora seconda repubblica o siamo già alla terza repubblica?
Chi lo può dire?
Quello che è certo è che non è ancora finito il terremoto di tangentopoli. Quella specie di big-bang che sconvolse il mondo politico italiano nel '92. A quello sconquasso non sono seguite le solite scosse di assestamento ma una serie infinita di onde sismiche sempre più forti che continuano a stravolgere e a cancellare ogni prospettiva di stabilizzazione. Fino al punto che dopo queste ultime elezioni il più antico dei partiti in parlamento è diventata la Lega Nord. Non ci vuole molto a prevedere che le scosse continueranno e che nella prossima legislatura, probabilmente anticipata, le sigle e le forze in campo saranno ancora diverse.

Tutto nuovo o tutto vecchio dopo il 13 aprile?
Tutto nuovo e tutto vecchio.
I grandi sommovimenti sociali economici e strategici mondiali che banalmente chiamiamo con il nome di globalizzazione, continuano a sconvolgere nel profondo la società italiana determinando nuove ricchezze e nuovi poteri e soprattutto nuove povertà e nuove paure.
Tutto questo è nuovo.
Dall'altra parte abbiamo un ceto politico che pretende spudoratamente il consenso alle proprie ambizioni di ricchezza e potere e che, per tentare di capire ed interpretare il mondo (cosa di cui non gliene fotte granché) usa categorie antiche che peraltro non ha mai capito perfettamente.
Tutto questo è vecchio molto vecchio.

Il ceto politico italiano del ventunesimo secolo non è classe dirigente.
Non riesce a capire quello che avviene. Non ha un progetto per la nazione. Non ha un metodo, non ha idee né ideologie. Non sa indicare percorsi e strumenti. Si fa i fatti propri e crede di capire i bisogni della gente con i sondaggi. Così viene fuori l'Italia del Mulino Bianco tutta Maria de Filippi e paura dei "clandestini". Nome che evoca terrore. Accanto a noi li chiamano "sans papier" senza documenti, nome che evoca il fatto reale che sono i diseredati della terra.
Il problema però è più grave.
In Italia in questo momento non c'è una classe dirigente. Non vi sono idee, progetti, programmi, obiettivi e non vi è neanche chi ci pensa. Per capire si può fare mente locale ad un altro periodo storico: l'immediato dopoguerra. Allora il paese era nella merda però i politici (Einaudi, De gasperi, Togliatti) avevano un'idea di stato e scrivevano la costituzione, gli industriali (Mattei, Olivetti) avevano un'idea di sviluppo e progettavano ed intraprendevano, gli intellettuali (Quasimodo, Montale, Rossellini) avevano un'idea di comunità e producevano capolavori. Oggi quale idea c'è della società, dell'economia, dello sviluppo. Quali sono i politici, gli imprenditori, gli intellettuali?

Ma veniamo alle elezioni. Chi ha vinto? Chi ha perso?
Non c'è stata una guerra ideologica, uno scontro tra culture diverse, non si confrontavano programmi antagonisti progetti di società antitetici.
Si è trattato di uno scontro in gran parte interno al ceto politico teso ad imporre nuovi rapporti di forza. Ma si è trattato pure di un scontro di interessi.
Il risultato vede il centrosinistra battuto, la sinistra di Bertinotti cancellata assieme ai partitini di centro e delle estreme, ma vede anche un Sud che diventa ancora più insignificante, ancora più feudo, ancora più periferia.
Un sud sconfitto anche se è il protagonista vero della vittoria di Berlusconi.

Il sud, mafie comprese, ha infatti fatto vincere il centrodestra capovolgendo i rapporti di forza nelle regioni amministrate dal centrosinistra, ma i vantaggi vanno tutti al nord. Non per niente, a cominciare dal minuto successivo allo spoglio delle schede, il partito di Bossi, complici sondaggisti, giornalisti talckshowmen, si sono precipitati a mettere i piedi nel piatto della vittoria.
Non bisogna essere profeti per prevedere che i Padani non si accontenteranno dei due posti di ministro che il cavaliere, a pochi minuti dalla vittoria, ha preannunciato.
Non ci vuol molto neanche a capire che, siccome la Lega al nord ha vinto, soprattutto nei confronti del PDL, il leader del predellino, darà spazio ai suoi al nord, se non altro per non indebolirsi ulteriormente, a discapito dei meridionali di AN diventati muti ostaggi.

Il sud quindi, benché sia il protagonista vero della vittoria del centrodestra, conterà meno di zero nei programmi e anche nella compagine di governo. Se va bene sarà rappresentato, a livello governativo, solo da un ministero (senza portafoglio) e da qualche sottosegretariato tutti rigorosamente targati Trinacria.
Resterà a bocca asciutta la moltitudine di chi, deluso per l'ennesima volta dal centrosinistra (soprattutto da Loiero e Bassolino), ha votato, magari turandosi il naso, per il cavaliere.
Ci sarà solo rabbia per chi ha rinunciato a votare o ha annullato la scheda come i grillini.
Niente ministeri ma succulente briciole per la grande palude assistenziale-politico-affaristico-mafiosa che, anche stavolta, giocando una facile puntata sul nero, ha vinto come sempre.
D'altronde il rosso (per la prima volta) aveva mostrato di non gradire.

Centrosinistra o centrodestra il sud perde ancora.
Almeno fino a quando non saprà liberarsi di questo ceto politico ignavo, capace solo di elemosinare incarichi e prebende dai potenti di turno.
Naturalmente ha vinto il nord non solo e non tanto perché ha vinto la lega, ma soprattutto perché la sua classe dirigente è in grado di curare i propri interessi.
Di proseguire una politica di dominazione assistenziale nei confronti di un meridione ancora condannato a fornire capitali (ieri dal risparmio e oggi pure dai proventi delle mafie) produzioni primarie e forza lavoro (ieri manovalanza oggi i laureati dei call center) e a riprendersi indietro prodotti di consumo e rifiuti industriali.
Con la complicità servile dei politici meridionali.

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