mercoledì 2 maggio 2007

Nuovi partiti Vecchia politica

1992. Soverato. Partiti e Movimenti

C'erano una volta i Partiti. Raggruppamenti di uomini e donne, fortemente uniti da una visione comune del bene pubblico.

I partiti, sia che si proponessero di cambiare il mondo sia che cercassero di mantenere lo status quo o di recuperare il passato, analizzavano le situazioni, elaboravano regole di governo, facevano delle previsioni in base alle loro analisi ed erano molto vicini alla gente perché loro stessi erano "la gente".
C'erano una volta i Partiti.
E ci sono ancora.
Occupano il potere, l'amministrazione, l'economia, l'informazione.
Sono dappertutto: nelle USSL come nello spettacolo, nella mafia come nello sport.
Da decenni oramai non elaborano niente, non fanno programmi, hanno rinunciato a cambiare il mondo, non intendono recuperare tradizioni.
Giustificano la propria esistenza con la propria esistenza.
Vivono spesso di tangenti.
Vivono alla giornata.
Si dice che i cittadini si siano allontanati dalla politica.
Non è vero.
Si sono solo allontanati dai partiti.
Ma non possono fare a meno della politica.

Mimmo Loiero - Manifesto di Pedalando Volare. Soverato 1992 -

2000. Cosenza. I Partiti visti da uno che se ne intendeva.

"I partiti politici, dopo la grande crisi degli anni '90, non sono né resuscitati, né rinati, né in grado di formulare programmi convincenti idonei a migliorare la situazione nel Mezzogiorno. Se fossimo tutti più obiettivi diremmo che i partiti politici ... continuano nei loro difetti e non sanno adottare misure che rompano una volta per sempre il loro legame con l'elettoralismo e con le clientele che continuano invece a prosperare e a essere elemento di primo piano nella nostra vita regionale. Forse è sconveniente parlare di quanto avviene all'interno delle istituzioni, dove la vita amministrativa è affidata soltanto alle pratiche di carattere clientelare e la scelta degli uomini si fa in rapporto non alle loro competenze, ma in rapporto al pacchetto di voti di cui sono detentori e che promettono di assicurare per le prossime campagne elettorali."
Giacomo Mancini. Dichiarazione alla commissione Antimafia. Cosenza ottobre 2000

Reggio Calabria 2007. Politica e Calabria

...Non è giusto dire che i calabresi sono stati lasciati soli a combatterla (la mafia ndr), ma a volte viene da pensare che sarebbe stato meglio. Gli aiuti di Stato hanno aiutato soltanto la ‘ndrangheta... Non serve chiedere chi comanda in città. La mafia più ricca del mondo domina senza oppositori la regione più povera d’Europa. Si legge in “Fratelli di sangue”, grande inchiesta sulla ‘ndrangheta firmata dal magistrato Nicola Gratteri e dallo scrittore Antonio Nicaso: “Nel rapporto tra affiliati ai clan e popolazione, la densità criminale in Calabria è pari al 27 per cento, contro il 12 della Campania, il 10 della Sicilia, il 2 della Puglia”. A Reggio Calabria siamo al 50 per cento, significa che una persona su due è coinvolta, a vario titolo, in attività criminali...
Curzio Maltese. La pax della 'ndrangheta soffoca Reggio Calabria. Aprile 2007


NUOVI PARTITI VECCHIA POLITICA

Probabilmente è' vero quello che sostiene Fassino. La nascita del Partito Democratico avrà un peso nella politica italiana. Il matrimonio d'interesse tra i gruppi dirigenti dei DS e della Margherita, mettendo insieme le risorse e i patrimoni dei due contraenti, è destinato a far massa e a spostare equilibri all'interno del ceto politico e nel mercato del consenso. Nel breve periodo è possibile pure che riesca ad ottenere più voti e più potere, se non altro, per una semplice questione di attrazione gravitazionale. E' una possibilità che il centrodestra ha ben presente, se è vero come è vero che sta tornando a riconsiderare modelli di federazione e partito unico.
La nascita del PD non segna invece né un punto di arrivo della crisi dei partiti esplosa con tangentopoli, né, tanto meno, la rinascita della sinistra italiana. Meno che meno ci si può aspettare che il PD possa stimolare un qualsivoglia mutamento positivo nella politica calabrese.
La crisi dei partiti è esplosa con tangentopoli ma non è nata da tangentopoli. E' nata dalle grandi trasformazioni economiche e tecnologiche e, conseguentemente, dalla crisi delle grandi dicotomie di valori che fino agli anni '60- 70 hanno interpretato il mondo: democrazia/dittatura, progresso/conservazione, socialismo/liberalismo. Queste categorie hanno interpretato un mondo che, sia pure con sanguinose contraddizioni, è stato protagonista di una crescita vertiginosa come popolazione, come quantità di risorse, come capacità produttiva. Ma anche come antropizzazione a danno delle altre specie, come inquinamento e produzione di rifiuti, come capacità distruttiva.
Dopo gli anni '70 il mondo ha continuato a trasformarsi e a crescere con la globalizzazione, con l'entrata prepotente nel sistema produttivo delle nuove economie asiatiche, con potenti innovazioni tecnologiche come l'informatica, con la conquista e l'uso dello spazio, con strumenti di comunicazione come internet non immaginati neanche dalla fantascienza più spinta. Anche questa trasformazione non è scevra da contraddizioni terribili: migrazioni bibliche, disastri ambientali, guerre etniche e di religione, nuove ricchezze e nuove povertà. Ma non ci sono, o non sono sufficienti e conosciute, le categorie interpretative per questo mondo nuovo e soprattutto non ci sono partiti che sappiano produrre, acquisire ed utilizzare analisi ed interpretazioni del mondo come armi di critica e strumenti di costruzione sociale
La crisi del '68 aveva messo a nudo in qualche modo la trasformazione di sistema e posto nuove categorie interpretative: femminismo/rapporto con la vita, globalismo/localismo, individuo/comunità, inquinamento/ambientalismo, consumismo/creatività, guerra/pace e la ricerca della felicità come obiettivo politico. I gruppi dirigenti politici soprattutto dei partiti di sinistra, surgelati dalle dialettiche della guerra fredda, irretiti da pratiche corruttive che non risalgono certo agli anni novanta, e minacciati da oscure trame golpiste, non hanno saputo né voluto raccogliere quei segnali, capire ed usare quelle nuove categorie, analizzare le trasformazioni in corso, favorendo così il decadimento dei partiti. Fino al crollo dei muri e delle ideologie, fino allo sputtanamento di tangentopoli.
I partiti di oggi non hanno più niente a che spartire con i partiti dell'ottocento e del novecento, lo dimostra, se fosse necessario, il cinico dibattito sul pantheon del nascente PD, dove si sono messi insieme teste defunte democristiane, comuniste e socialiste al solo scopo di fare cassa e vetrina. I partiti hanno cessato di essere, e perfino di pretendere di essere, strumenti di conoscenza, di elaborazione, di trasformazione. Sono diventati comitati elettorali e strumenti di spartizione/gestione del potere e delle prebende. I politici, leaders e gregari, grandi e piccoli, di destra di centro e di sinistra, con trascurabili eccezioni, hanno da tempo smesso di rappresentarsi come portatori e promotori di idee, progetti e valori. Portano solo il loro interesse, il loro feudo, il loro clan/famiglia, la loro carriera politica o tutt'al più pretendono di rappresentare interessi di strutture economiche, gruppi di poteri, ceti sociali in cambio voti e tangenti, a volte di rappresentare modelli e modi del momento. Da qui il costo abnorme della politica, la corruzione e la contiguità col malaffare, e la corsa al centro, l'omologazione, la noia, la figura del politico piacione e paraculo. Partiti siffatti, politici simili, non hanno bisogno di luoghi di confronto, di spazi di democrazia, di partecipazione, di donne e uomini liberi, di militanti veri. Da qui la morte lenta delle sezioni, la trasformazione del dibattito politico in sceneggiata televisiva e mediatica, la proliferazione delle segreterie personali per la gestione delle clientele.
Questa mutazione genetica dei partiti è più evidente e stride di più nei partiti di sinistra epigoni di strutture che, alla loro nascita, veicolarono utopie, idee e progetti di trasformazione più radicale nel senso della giustizia sociale, dell'uguaglianza della solidarietà, della libertà. La crisi colpisce di più proprio loro, e la nascita del PD, dichiaratamente rivolto al centro, servirà solo ad acuirla. Né potrà far rinascere la sinistra la ventilata ipotesi di una federazione che raccoglierebbe, non si sa con quale collante che non sia la paura dello sbarramento, il partito di Bertinotti il PCDI, i verdi, il già correntone DS ed i socialisti di Boselli. Rinascita della sinistra. Per la verità anche chi lo propone non osa azzardare speranze più ardite di una stentata sopravvivenza all'ombra della bandiera rossa, un semplice tirare a campare per sé, per la propria famiglia e per i propri amici. Amici si fa per dire, che si tratta, per ogni partitino, di considerarne almeno tre o quattro in perpetua rissa. Per un tale patchwork sarebbe difficile perfino trovare un nome figurarsi un progetto, un leader credibile ed accettato, una unità d'intenti.
Quindi niente partito per la sinistra. Ma c'è una sinistra che ha bisogno di un partito? La domanda non è peregrina e può avere almeno due risposte. Se si guarda all'Italia descritta dal teatrino politico-mediatico non c'è bisogno né dell'una e né dell'altro. In Italia si sta bene. Tutti benestanti divisi e uniti solo dalla questione fiscale: da una parte ci sono quelli che non pagano e vogliono pagare di meno, dall'altra quelli che pagano e vogliono pure loro pagare di meno. Tant'é che la misura più radicale del centrosinistra sembra essere l'abolizione dell'ICI. Gli operai non ci sono e se ci fossero sarebbero coccolati da tutti. Problemi? I paparazzi, gli extracomunitari, le veline, Berlusconi, i pedofili...
I giovani? Tutto il giorno appresso ai telefonini non hanno il tempo per decidere se andare dalla De Filippi o al Grande Fratello. Un altro partito? A che serve? L'offerta politica è talmente estesa che ci sono, oramai rappresentati in parlamento, i partiti/persona.
Se si guarda all'italia descritta dai numeri è invece un altro paio di maniche. In Italia si sta male. Milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà, la disoccupazione è altissima soprattutto al sud, soprattutto per i giovani, soprattutto per le donne. Il lavoro nero, diffuso al nord in molti settori economici, è la regola nel sud. Quelli regolarmente occupati, giovani e laureati, lavorano con contratti a tempo e senza garanzie nei call center, nelle fabbriche e nei fast food per salari da fame. Gli incidenti sul lavoro con una media di tre morti al giorno sono i più alti in Europa. Si può però tentare la fortuna siamo tra quelli che spendono più soldi per il gioco d'azzardo o sballarsi con le droghe il sabato sera nelle discoteche per poi schiantarsi all'alba sull'asfalto. In Italia si sta male per l'inquinamento, per la spazzatura sulle strade, perchè non si investe in ricerche, perché abbiamo un ceto politico più numeroso e vorace di tutto l'occidente, perché si trascura e si sciupa l'immenso patrimonio culturale, artistico ambientale, perché c'è chi ha più lavori e chi non ne ha nessuno. chi ha più incarichi e chi non ne ha nessuno, chi ha più pensioni grosse e chi non ne ha neanche una piccola, chi ha tante case e chi non ne ha nessuna. in Italia si sta male per la giustizia che non funziona, per la burocrazia che non funziona, per la scuola che non funziona, per la democrazia che non funziona, per la mafia e la corruzione che invece vanno benissimo. Forse in Italia forse c'è bisogno di un partito di sinistra.
La nascita del PD Potrebbe avere qualche influenza per la politica calabrese. Un partitone di quelle dimensioni potrebbe permettersi una pulizia drastica, quantomeno raggiungere l'obiettivo di allineare il livello del ceto politico e delle strutture calabresi a quello nazionale in termini di efficienza, di moralità, di correttezza politica. Sarebbe già tantissimo in una regione dove non solo non si distingue più tra il politico di destra, di centro e di sinistra, ma non si distingue più neanche tra il politico ed il mafioso.