martedì 10 aprile 2007

Politicante quanto ci costi!

L'International Herald Tribune, in un servizio non propriamente laudativo dei politici italiani ci racconta che a fronte dei 20 – 27.000 euro che si portano a casa i nostri, i deputati francesi prendono al massimo 7.000 e gli svedesi 5.000, i deputati spagnoli costano in totale un sesto di quelli nostri. C'è da dire che i parlamentari italiani oltre ad un così grasso stipendio beccano qualcosa in più: diarie, rimborsi spese per ogni cosa (tragitto casa-stazione o aeroporto, gestione ufficio e segreteria, spese telefoniche, ”occhiali da vista”, carburante, RCA auto, spese postali, spese alimentari, vestiario, indennità di carica, indennità di ufficio, mobilità gratuita per sé e per i propri familiari, tessere gratuite per cinema, stadio, concerto, teatro), tutto ESENTASSE e per un totale che varia dai 20.000,00 (VENTIMILA) ai 27.000,00 (VENTISETTEMILA) euro mensili. Ma non finisce qui. Perché una volta lasciato l'incarico e tornati alla vita normale, si attribuiscono il diritto ad un VITALIZIO che a noi cittadini costa qualcosa come 12.000.000,00 (dodici milioni) di euro al mese in totale e ad una liquidazione pari all'80% dell'importo mensile lordo per ogni anno di mandato. Inoltre maturano la pensione dopo solo 30 mesi di attività quando al normale cittadino non ne bastano 40... di ANNI
Se si passa poi agli europarlamentari la situazione non è diversa. Gli italiani prendono 11.000 euro al mese a cui però vanno aggiunte tutte le spese sostenute, i tedeschi ne prendono 7.000, gli spagnoli 2.900, I lituani 1.200.
Non solo i parlamentari italiani costano di più. Sono anche di più come numero: ben 945 contro i 540 degli USA e i 400 della Russia.
Sono anche tantissimi i livelli istituzionali. Tantissimi i ministri e i sottosegretari (più di cento nel governo Prodi). Tante le regioni e tantissimi i membri dei parlamenti regionali, circa un migliaio e pagati più o meno come i deputati. Almeno 200 gli assessori regionali che si pagano e si comportano come ministri in tutto e per tutto. E poi cento province (a cui si richiede di aggiungerne altre 21)) con un esercito di consiglieri provinciali e di assessori. E poi ci sono 8101 comuni con decine di migliaia di sindaci, consiglieri ed assessori e, dopo i comuni ci sono le circoscrizioni e le 365 comunità montane con relativi eserciti di presidenti, consiglieri ed assessori.
Secondo il giornale citato sono almeno 150.000 gli italiani che prendono stipendi per il loro stare nelle istituzioni e/o nella politica e sarebbero almeno 450.000 le persone che, in generale, si nutrono (nel senso che ci mangiano) di politica.
Fin qui il giornale americano ma facciamo noi qualche conticino.
In tutto farebbero mezzo milione di stipendi. Farebbero come matematica, ma nei confronti della politica anche la matematica sballa. Infatti, nella quasi totalità dei casi, chi di politica ci campa, ha molti incarichi e quindi molti stipendi e molte indennità e molti rimborsi. Non di rado anche diverse pensioni. Tenendosi veramente strettini strettini si potrebbe ipotizzare almeno un esborso annuo dello stato, per stipendi e pensioni ai politici, di qualcosa come una sessantina di miliardi di euro.
La tanto vituperata e criticata finanziaria di quest'anno era di soli 35.
Questi sarebbero solo i costi degli stipendi diretti che percepisce il ceto politico impegnato (si fa per dire) nelle istituzioni e nei partiti. Per immaginare il resto basta pensare che il Quirinale, la sede del Presidente della Repubblica ha 2000 dipendenti. (La Casa Bianca sede del Presidente degli USA ne ha solo 400 e gli impiegati del presidente dell'Irlanda sono solo 12). Che il Governatore della Banca d'Italia prende uno stipendio di un milione di euro l'anno mentre il presidente della Federal Reserve statunitese prende so 180.000. dollari. Tutto questo per non citare il finanziamento pubblico ai partiti (una fesseria, solo 200 milioni di euro l'anno) a cui si aggiunge il rimborso delle spese elettorali (un altro mezzo miliardo).
Ovviamente questi soldi, corrispondenti almeno ad un paio di finanziarie toste all'anno, sono la parte minore del costo della politica. La parte maggiore, il vero costo, che nessuno ha mai osato calcolare, è rappresentato dalla corruzione, ed ancor più dai danni finanziari economici e sociali che produce la corruzione, l'incompetenza, l'interesse privato nella gestione della cosa pubblica.

Onorevoli o disonorevoli?
Teoricamente i parlamentari dovrebbero rispecchiare, almeno grosso modo, la popolazione che li ha eletti. Ci dovrebbero essere i ricchi (e ci stanno), i meno ricchi (e ci stanno), i poveri (e ci stanno solo quelli poveri di spirito), così come ci stanno gli avvocati, i notai, gli insegnanti, i militari ... i pregiudicati. Quanto a questa categoria non c'è problema è veramente ben rappresentata.
Oggi in parlamento siedono:
25 Condannati definitivi
10 prescritti
1 prosciolto per immunità parlamentare
8 condannati in primo grado
17 imputati in primo grado
1 imputato in udienza preliminare
19 indagati in fase preliminare
Farebbero una ottantina di persone con rapporti "organici" con la giustizia. Corrispondono quasi al 10% del totale dei parlamentari e se la popolazione rispecchiasse "gli eletti", ci dovrebbero essere in Italia qualcosa come 6 milioni di pregiudicati o che comunque hanno problemi di carattere penale. Meno male che non è così.
Condannati definitivi:
1. Berruti Massimo Maria (FI): favoreggiamento.
2. Biondi Alfredo (FI): evasione fiscale (reato poi depenalizzato).
3. Bonsignore Vito (Udc): corruzione.
4. Borghezio Mario (Lega Nord): incendio aggravato.
5. Bossi Umberto (Lega Nord): finanziamento illecito e istigazione a delinquere.
6. Cantoni Giampiero (FI): corruzione e bancarotta.
7. Carra Enzo (Margherita): falsa testimonianza.
8. De Angelis Marcello (An): banda armata e associazione sovversiva.
9. D¹Elia Sergio (Rosa nel pugno): banda armata e concorso in omicidio.
10. Dell¹Utri Marcello (FI): false fatture, falso in bilancio e frode fiscale.
11. Del Pennino Antonio (FI): finanziamento illecito.
12. De Michelis Gianni (Psi): corruzione e finanziamento illecito.
13. Farina Daniele (Prc): fabbricazione, detenzione e porto abusivo di ordigni esplosivi, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e inosservanza degli ordini dell¹autorità.
14. Jannuzzi Lino (FI): diffamazione aggravata.
15. La Malfa Giorgio (FI): finanziamento illecito.
16. Maroni Roberto (Lega Nord): resistenza a pubblico ufficiale.
17. Mauro Giovanni (FI): diffamazione aggravata.
18. Nania Domenico (An): lesioni volontarie personali.
19. Patriciello Aldo (Udc): finanziamento illecito.
20. Pomicino Paolo Cirino (Dc): corruzione e finanziamento illecito.
21. Previti Cesare (FI): corruzione giudiziaria.
22. Sterpa Egidio (FI): finanziamento illecito.
23. Tomassini Antonio (FI): falso in atto pubblico.
24. Visco Vincenzo (Ds): abuso edilizio.
25. Vito Alfredo (FI): corruzione.

Dalla stalla alle stelle..tte - La politica estera al tempo di vallettopoli.

Aria di bassa corte bizantina nei palazzi romani nelle ultime settimane. Molte coltellate, per adesso metaforiche, molto parlare di sesso e ricatti, molto scavare tra lenzuola, vizi e (mancate) virtù dei personaggi della politica e del jet set.
Imbeccata dal magistrato Woodcock (il cognome tradotto in italiano suonerebbe più o meno come Beccaccini) l'Italia dei partiti, dei giornali e dei talk-show, per una decina di giorni, s'è avvoltolata, con sudaticcia voluttà nella vicenda del portavoce di Prodi e nella ricerca ossessiva del politico in barca con le ninfette.
Come in una telenovela o un reality show, oramai non c'è più molta differenza tra i due generi, si è giocato a nominare chi doveva essere buttato fuori per primo e si sa che nelle telenovele e nei reality il sesso conta moltissimo.
L'epopea di vallettopoli, con la suspence dei personaggi tirati in ballo a sorpresa, e la crocifissione del povero Sircana hanno però messo in sordina, tralasciandolo quasi del tutto, un tema importantissimo come quello della politica estera.
Un tema che da destra come da sinistra, finora è stato giocato solo in chiave di politica interna, evitando accuratamente analisi specifiche e più approfondite.
Perché sulla politica estera, si gioca la sopravvivenza del governo del centrosinistra.
Perché sulla politica estera appaiono più chiare e manifeste le debolezze del progetto del Partito Democratico.
Perché sulla politica estera il centrodestra vorrebbe sfondare, ma resta incapace di realizzare l'unità di tutti i suoi componenti.
Chi ha seguito con attenzione gli ultimi eventi non ha potuto fare a meno di sospettare che anche il governo americano cerchi di giocare la partita entrando mani e piedi nel dibattito politico interno italiano.
Tutti occupati a registrare le ingerenze di PapaRatzinger nei DICO, molti politici italiani che pure dichiarano di battersi per l'autonomia nazionale, non hanno capito che l'intromissione del governo americano nella politica italiana è ben più invasiva e grave.
Che la lettera “agli italiani” firmata da sei ambasciatori accreditati presso lo Stato italiano (di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia, Paesi Bassi e Romania) rappresenti una vera e propria intrusione nella politica interna, con buona pace della dignità nazionale, a destra e a manca spesso sbandierata, è pacificamente acquisito da tutti, solo si è coniata per questa intrusione, la metafora di comportamento irrituale.
Ma non di comportamento irrituale si tratta, bensì di vero e proprio tentativo di condizionare pesantemente la politica interna italiana nel senso di promuovere un ritorno al governo di centrodestra, perché anche gli strateghi USA cercano di giocare la partita in chiave di politica interna italiana.
Senza alcun merito o demerito di nessuno la politica estera italiana è diventata l'ago di una bilancia che rischia di pendere sempre di più nel senso dello sgonfiamento della strategia della guerra di civiltà dell'occidente contro il mondo islamico - la definizione è solo propaganda, ma la propaganda ha giocato un ruolo importante in questi ultimi anni -.
Come si suol dire, i tempi sono cambiati ed il vento comincia a spirare ora da tutt'altra parte. Per rendersene conto basta riandare con la mente al periodo dopo l'11 settembre, quando, in una Europa con prevalenti governi di destra, ancora sconvolta dall'attentato, ancora molto scettica sulle prospettive dell'euro e della possibilità di costruzione di una unità diversa da un trattato economico, era facile far circolare propagande di guerra.
Chi ha dimenticato l'antrace. le armi di distruzione di massa, la pistola fumante?.
Chi ha dimenticato l'aria che tirava allora negli USA, il diverso rapporto degli stessi USA con la Russia di Putin? Chi può oggi sottovalutare il rischio di una guerra iraniana?
Ma oggi il vento potrebbe spirare da un'altra parte e una politica estera dell'Italia più autonoma nei confronti degli USA può fare la differenza. Oggi, anche in Italia, sarebbe possibile riscuotere consensi, non su una politica vetero-comunista antiatlantica, ma su una riflessione seria sulla inadeguatezza, sulla necessita del superamento di accordi militari che risalgono alla fine della seconda guerra mondiale; accordi imposti a una Italia sconfitta e distrutta e al sorgere della guerra fredda con l'URSS.
Ma nessuno né a destra né a sinistra, né in Italia, né all'estero, ha convenienza mettere in piazza il problema delle relazioni militari tra l'Italia (l'Europa) e gli USA.
Perché se è vero come è vero che i patti segreti del dopoguerra hanno fatto il loro tempo, è anche vero che non c'è ancora una linea, una strategia, né, tantomeno, la volontà politica forte di cambiare strada.
Non si ha il coraggio di affrontare il problema perché anche il solo flebile accenno di una politica estera italiana meno succube degli USA, cambierebbe le prospettive strategiche del Bushismo e del rapporto degli USA con l'Europa.
Perché la paura di un cambiamento nella politica estera italiana viene dopo la Spagna di Zapatero, dopo le difficoltà di Tony Blair, dopo un'Europa che si ripropone, o almeno sembra tentarci, come entità politica e non più e non solo come gigante economico.
Perché si comincia a capire che lo scontro di civiltà conviene solo ad una parte dell'occidente, quella che finora ha dominato il mondo e con questa strategia spera di poter continuare a farlo.
Tira aria di bassa corte nei palazzi romani, e il governo Prodi è costretto a navigare a vista tra DICO e ostaggi. Ostaggio esso stesso di tre o quattro senatori che, nel nome della pace, se dovesse per loro colpa cadere il governo Prodi, finirebbero per dare fiato e ossigeno a nuovi venti di guerra.
Nei giorni scorsi l'inossidabile Andreotti, in un dibattito televisivo, ha affermato, senza mezzi termini, che andare in Afganistan è stato un errore, aggiungendo che l'Italia non ha poi tutti questi interessi da difendere in giro per il mondo e che gli Italiani non sono fatti per la guerra.
Come programma di politica estera non c'è male. Basterebbe adottarlo.