venerdì 7 dicembre 2007

L’uomo di Ceppaloni ha detto no!

Perchè i giovani calabresi sono con De Magistris
Perchè i giovani calabresi sono con De Magistris
L’uomo di Ceppaloni ha detto no!
di Mimmo Loiero

In tanti soprattutto fuori regione vorrebbero capire le ragioni della straordinaria mobilitazione dei calabresi sul caso De Magistris.
De Magistris afferma che un’altra Calabria è possibile.
Come quei calabresi che non rinunciano alla speranza.
Lui però lo dice con inchieste che hanno cominciato a rivelare quello che tutti i calabresi sanno e possono vedere ogni giorno: i depuratori fantasma, le fabbriche fantasma, i posti di lavoro fantasma, lo sviluppo fantasma e i tantissimi soldi - soldi veri - sprecati, sciupati, rubati, rapinati. E poi l’accumulo di cariche e incarichi, di consulenti e consulenze e i giovani costretti a trovare lavoro altrove.
Le inchieste dicono pure che i soldi rimasti in Calabria - per comprare voti, potere, consensi - sarebbero relativamente pochi, la maggior parte sarebbe tornata a Roma e al nord come tangenti e come commesse per l’acquisto di impianti obsoleti, ferrivecchi buoni appena per giustificare fatture, servizi mai forniti, stipendi e competenze per lavori mai svolti e consulenze, consulenze, consulenze. Cose risapute dette e ridette senza fare danno.
Ma le inchieste fanno nomi e cognomi e questo invece fa danno... a chi vuole continuare così fino all’eternità
L’uomo di Ceppaloni ha detto no! E molti calabresi - quelli che non mangiano con i soldi della politica, quelli che vorrebbero restare - vivono questo no come un calcio sui denti. Magari vorrebbero dire con orgoglio che con o senza De Magistris la Calabria può andare avanti lo stesso ma sanno che l’indomani della “cacciata” del magistrato, in tanti con disperata desolazione o con gioia maligna ripeteranno ancora una volta il ritornello antico: tanto qui non cambia niente...
Per questo si sono mobilitati per una battaglia che è soprattutto politica e che quindi può essere vinta o persa non cincischiando su tecnicismi giuridici ma solo schierandosi da una parte o dall’altra.

Nessuno deve sapere!

Nessuno deve sapere!
La Procura Generale avoca l'inchiesta Why not

Dolcino Favi, un avvocato generale dello Stato che da gennaio 2007 fa il procuratore generale reggente a Catanzaro ha avocato a sé l'inchiesta Why not, quella in cui sono indagati anche il presidente del Consiglio, Romano Prodi (abuso d'ufficio), il ministro della Giustizia Clemente Mastella (abuso d'ufficio, finanziamento illecito ai partiti, truffa all'Unione europea e allo Stato italiano) e una schiera di politici, affaristi, militari, magistrati, massoni.
L'avocazione è, per ora, l'ultimo atto di una guerra al pm De Magistris. Giunge infatti dopo tre anni di ispezioni da parte del ministero di grazia e giustizia, dopo ostacoli interni ed esterni alla procura, dopo l'avocazione dell'inchiesta Poseidone, dopo la richiesta di Clemente Mastella di un immediato trasferimento del magistrato, dopo che la seguitissima trasmissione televisiva Anno Zero ha messo in piazza tutta la vicenda, dopo la decisione del CSM (consiglio superiore della magistratura) di rinviare la decisione sul caso a dicembre, dopo l'iscrizione nel registro degli indagati dello stesso Mastella, dopo l'inchiesta Toghe lucane dello stesso De magistris che coinvolge ambienti della magistratura, imprenditori e politici in ipotesi di reato che vanno dalle malversazioni politiche all'aggiustamento di processi, in un groviglio tremendo, in una guerra senza quartiere fatta a colpi di perquisizioni, intercettazioni, spiate, minacce.
L'inchiesta denominata "Why Not", che trova spazio e clamore sulla stampa nel mese di giugno 2007, riguarda finanziamenti comunitari e statali destinati allo sviluppo della Calabria. Sono coinvolte una ventina di persone per reati come associazione a delinquere, corruzione, violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete, truffa, finanziamento illecito ai partiti.
Gli indagati sono politici calabresi, da Adamo dei DS ad ambienti di Forza Italia, funzionari regionali, il capocentro del Sismi di Padova, una funzionaria del Cesis (l’ufficio di coordinamento dei servizi segreti), Giorgo Vittadini, ex presidente nazionale della Compagnia delle Opere, e attuale presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, un’altra società facente capo a Comunione e liberazione. Tra gli indagati il generale della Guardia di Finanza Paolo Poletti, capo di Stato Maggiore del Corpo per reati come per truffa, truffa aggravata ed associazione a delinquere. Successivamente la lista si allunga fino a comprendere il ministro della giustizia Clemente Mastella (abuso d'ufficio, finanziamento illecito ai partiti, truffa all'Unione europea e allo Stato italiano) e perfino il capo del governo Romano Prodi (abuso d'ufficio).
Nonostante le rassicurazioni che arrivano dagli ambienti governativi sulla continuazione dell'inchiesta, in Calabria, ma non solo in Calabria, vi è forte preoccupazione che questo ultimo atto, dovuto secondo il pm, alla "manina della massoneria" segni la fine di una inchiesta che, caso rarissimo se non unico in Calabria, aveva cercato di scavare nella serie infinita di malversazioni e scelleratezze per la rapina dei fondi comunitari destinati allo sviluppo della regione. Miliardi volatilizzati per avere niente.
Per questo si può prevedere un forte mobilitazione dei giovani che si trovano ogni giorno davanti al dilemma se continuare a subire queste vergogne o andar via.
I calabresi conoscono benissimo le storie infinite degli stabilimenti fantasma, dei depuratori fantasma, delle infrastrutture fantasma, delle autostrade informatiche fantasma; si sono pure fatta un'idea della consistenza enorme delle risorse reali che la macchina della corruzione regionale è in grado di divorare macinando tangenti ma anche incarichi e cariche pubbliche, posti nei consigli d'amministrazione, consulenze e posti di lavoro fasulli, acquisendo e pagando lautamente consenso elettorale, protezioni e connivenze.
Da più parti giunge oramai la richiesta di mettere la parola fine a questo merdaio, alla vergogna di sottomettersi a logiche di predazione che ai complici locali lasciano solo le briciole.
Per fare questo, per un nuovo inizio, è indispensabile che agli episodi di ordinaria corruttela che oramai vengono riconosciuti da tutti, venga messa un'etichetta col nome e la faccia dei responsabili. Locali e nazionali, di destra di centro e di sinistra.
Questo stava facendo De Magistris. Su questo oggi si vuole calare il sipario.

Gli incapienti, la casta e la brioche di Maria Antonietta

Gli incapienti, la casta e la brioche di Maria Antonietta
di Mimmo Loiero


Si narra che Maria Antonietta regina di Francia detta anche Madame Deficit per la sua attitudine allo sperpero, avvisata che a Parigi i popolo protestava perché mancava il pane rispondesse: "qu'ils mangent de la brioche" Si dice pure che la corte dello zar fosse impegnata in defatiganti balli di gala allo scoppio della rivoluzione russa, durante "i dieci giorni che sconvolsero il mondo". Più recentemente il segretario del PSI Bettino Craxi non aveva assolutamente alcun presentimento la sera che uscendo dall'hotel Raphael dovette scappare inseguito da una pioggia di monetine.
Decisamente il potere fa tanto venire le fette di salame davanti agli occhi che i potenti di turno non riescono minimamente a sentire il vento che cambia, l'avvicinarsi della bufera.
E' quello che probabilmente sta avvenendo ai giorni nostri.
L'Italia della seconda repubblica fa acqua da tutte le parti. Decisamente non riesce a reggere il confronto con l'economia globale e con l'Europa.
Non riesce sul piano produttivo perché rischia di rimanere sommersa e sconvolta da un sunami di prodotti: giocattoli, vestiti, prodotti industriali, hardware, software, scarpe perfino e alta moda. Tutto oramai viene dall'est mentre nelle nostre fabbriche gli impianti arruginiscono.
Ma non riesce neanche sul piano sociale a far fronte, per esempio, con dignità e perizia alla invasione delle braccia e delle pance vuote che arriva dall'est e dal continente nero. Si dice che gli immigrati fanno i lavori che gli Italiani non vogliono più fare.
La situazione è molto più complessa.
Gli immigrati in Italia, soprattutto al sud, sono una nuova numerosa e disponibile classe servile che rende antieconomica ed inutile una strutturazione moderna di servizi sociali per gli anziani, i bambini, i malati la famiglia in generale; invece di costruire case di riposo moderne, invece di asili nido, invece di battersi per un welfare all'altezza dell'europa, si assumono badanti, domestiche, serve spesso in nero. Gli immigrati sono anche i nuovi schiavi. Soprattutto al sud. Nelle pianure pugliesi, negli aziende di produzione ortofrutticola del napoletano, negli agrumeti della Piana di Gioia come nelle piantagioni siciliane, i nuovi schiavi la mattina si mettono in fila nelle piazze dei paesi per vendere le braccia per compensi da fame, senza casa per abitare, senza servizi igienici, in nero senza assicurazioni e addirittura senza identità perché i documenti vengono ritirati dai padroni e restituiti solo a fine tratta. Molto peggio che negli anni bui del caporalato e del latifondo. E' vero gli Italiani, i meridionali, i calabresi, i siciliani, non sono più disposti a fare questi lavori. Soprattutto a queste condizioni e magari con una laurea in tasca. Per questo vanno via, emigrano a Milano o a Dublino, nei call center o nelle birrerie e nei pubs perché un lavoro precario è comunque meglio di un non lavoro o della guerra tra poveri.
L'Italia della seconda repubblica non regge il confronto soprattutto con la necessità di innovare investire energie e risorse sull'ambiente, nella protezione e valorizzazione dell'immenso patrimonio ambientale artistico e culturale che sta andando in rovina. Napoli e la Campania divorata dai rifiuti e dalla sporcizia, i trecento chilometri di costa calabresi infettati e minacciati dai rifiuti tossici buttati a mare e dai depuratori che non ci sono nonostante i miliardi spesi, la Sicilia soprattutto nel catanese con un inquinamento industriale da petrolio e prodotti chimici.
L'Italia della seconda repubblica, l'Italia del capitale sta implodendo, sta divorando se stessa. I mercati finanziari in questi anni sono stati drogati dalle finte privatizzazioni, dai titoli fasulli, dai "nuovi" prodotti finanziari, dalla finanza creativa, dalle grandi opere mai realizzate e spesso irrealizzabili, dalle operazioni di fusione, dalle cordate e dalle opa... lle mirabolanti di furbi e furbetti di quartiere e di metropoli. I denari sono fuggiti via dalle aziende per collocarsi sulla pura speculazione finanziaria e oggi su una speculazione edilizia che pende sul futuro degli italiani come una spada di damocle.
Della crisi politica è meglio non parlare. Il ceto dirigente, non solo politico, italiano è stato chiamato casta. Ce ne erano tutte le ragioni. Ma ancora non sono molto chiare tutte le implicazioni di questa definizione che ha avuto tanto successo proprio perché puntuale e precisa. Una casta esiste solo se la società è organizzata in un sistema di caste. E quindi alla casta dei detentori di potere, privilegi, lussi e remunerazioni da nababbi, in Italia oggi si affianca una casta di intoccabili i diseredati totali, quelli che con una parola orribile vengono definiti incapienti i poveri poveri, esclusi da tutto senza redditi, senza certezze, senza dignità. Le anime morte del terzo millennio. Accanto a questa, un'altra casta quella che una volta si chiamava classe media, in Italia debolissima, oggi con la sindrome del tasso variabile, che vive nel terrore di perdere la casa, perdere il lavoro, precipitare tra gli incapienti.
Di fronte a questo quadro non proprio a colori pastello, cosa fanno i nostri potentucci?
Riempiono i talck-shows televisivi, i giornaletti rosa e spesso le pagine di cronaca nera con le loro vanitoserie private e dei loro squallidi delitti pubblici: delle corruttele, dei ladrocini. delle strafottenze, delle arroganze. Mobilitano parabole, antenne, pennivendoli, sentenze e palinsesti per far fuori i loro nemici. Ieri Biagi, Travaglio, Colombo, Luttazzie e Santoro, oggi Demagistris, Beppe Grillo, la Forleo e di nuovo Luttazzi e di nuovo Santoro.
Ma, bisogna ammetterlo, quando è ora di governare e legiferare, governano e legiferano.
Come l'asssessore all'ambiente del comune di Napoli che ha emanato un editto, diffuso in prime time, per vietare il fumo nei parchi pubblici. A Napoli. Con la mondezza che ti arriva alla gola. A Napoli con le camorre che ammazzano e la corruzione politica che vende pure i posti-letto in ospedale... A Napoli chi fuma, nel parco, avvelena anche te!
Come l'assessore Adamo in Calabria che l'altro giorno ha inaugurato l'ennesimo portale turistico pagato (pare un milioneemezzo di euro roba da far morire di rabbia tutti i web master calabresi che, tutti insieme, un milioeemezzo di euro non li guadagnano in tutta la vita). Il tutto dopo che la regione aveva mollato il Piano telematico regionale che aveva visto uno sperpero oscuro multimiliardario di soldi pubblici in cui è rimasta implicata Bruna Bossio moglie dello stesso assessore sperpero collegato all'inchiesta Whai not avocata al magistrato de Magistris.
Come il segretario UDC Cesa che, indagato pure lui per questioni legate ai depuratori calabresi (avocata a De Magistris), nei confronti di un suo deputato (onorevole si fa per dire Cosimo Mele) preso con le mani nella marmellata (pardon coca e allegre puttane), invece di calci in culo, invocava una nuova indennità per tutti i parlamentari che il duro lavoro costringeva a rapporti sessuali pagati e costosi (è andata proprio così, non è una barzelletta!!!).
Certo non vogliamo fare di ogni erba un fascio! Gli altri...
In questi giorni di grandi manovre, gli altri ( parlamentari di sinistra in testa ) hanno in testa la crisi di governo. Vogliono buttare di nuovo a mare il governo Prodi. Per fare cosa? Non lo dicono perché non lo sanno. Non hanno nessuna soluzione migliore da proporre. Soprattutto per quanto riguarda gli interessi di ciò che dicono di difendere. I salari degli operai. Deja vu. Anni fa suicidarono un altro governo Prodi e i salari degli operai raggiunsero un record. I più bassi d'Europa. Gli operai erano contentissimi perché avevano anche un altro record quello del maggior numero di incedenti sul lavoro. Anche tutti gli Italiani erano contenti. In TV tutto andava benissimo. Soprattutto i conti di Mediaset. Si sa. Quello che non accade in TV, non accade. I più contenti di tutti erano proprio loro i cosi rossi. Berlusconi un bel regalo glielo aveva fatto. Una legge elettorale che ha tolto agli Italiani il diritto di voto. Evviva!!! Liste bloccate!. Un vero sballo, innovazione rivoluzionaria! Come nella Russia. Di Brezniev.

L'UTOPIA AL TEMPO DEL VILLAGGIO GLOBALE

L'UTOPIA AL TEMPO DEL VILLAGGIO GLOBALE
Pangloss, le ali e il piffero
di Mimmo Loiero

"Il canto è nato prima della parola parlata, la poesia è nata prima della prosa, la religione e l'arte sono nate prima della scienza. Nulla di tutto questo è stato inutile. Anzi i grandi avanzamenti sono avvenuti grazie a queste poche svolte vitali e feconde che si sono periodicamente inserite nel lungo cammino percorso dall'umanità. L'arte perciò è rivoluzione." (A. Bordiga.)

"Una carta del mondo che non contiene il Paese dell'Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo Paese al quale l'Umanità approda di continuo. E quando vi getta l'àncora, la vedetta scorge un Paese migliore e l'Umanità di nuovo fa vela" (O. Wilde)

E' passato molto tempo da quando Pangloss, metafisico-teologo-cosmologo-scempiologo, insegnava al giovane Candide che questo è il migliore dei mondi possibili. Dopo un quarto di millennio, nell'anno del signore 2007, i tantissimi sociologi-politologi-massmediologi... scempiologi di oggi affermano esattamente il contrario: viviamo nel peggiore dei mondi possibili.
Non devono neanche fare fatica, come il buon Pangloss, a dimostrare il loro assunto. Guerre, sfracelli, miserie, terrorismi, porcherie, ammazzamenti, ingiustizie e vessazioni, mostrati con dovizia di particolari ogni giorno all'ora dei pasti, sui maxischermi HI-FI a cristalli liquidi comprati a rate con Findomestic, lo dimostrano senza lasciare dubbi o perplessità.
Stranamente però, con un assunto che è l'esatto contrario, le conclusioni dei Pangloss di ieri e di oggi, sono esattamente uguali. Se viviamo nel migliore dei mondi possibili non è il caso di agitarsi, che dico neanche di muovere un sopracciglio... fa dire Voltaire a Pangloss. E' vero questo è il peggiore dei mondi possibili, ma le cose vanno così ed è perfettamente inutile agitarsi, che dico muovere solo un sopracciglio, anche perché le cose potrebbero andare peggio.... sostengono oggi le vestali dei conformismi da giornali e talk shows.
A contraddire Pangloss vennero i lumi e i grandi Utopisti - Etienne Cabet, Saint-Simon, Fourier, Owen e non ultimo Carlo Marx - e dopo gli utopisti, le grandi rivoluzioni dell'800 e del '900 che trasformarono i modi di produzione, liberando immani energie e consentendo la trasformazione del mondo in quello che oggi conosciamo.
A contraddire i Pangloss di oggi non ci sono lumi all'orizzonte né Utopisti e Utopie. Non perché non se ne senta il bisogno, se è vero come è vero che uomini e donne, oggi più che mai, fuggono dagli orrori e dall'oppressione della vita reale per cercare ad ogni costo un paradiso qualsiasi. Sia esso quello antico, sempre promesso e mai mantenuto dalle religioni di tutti i paesi e di tutti i tempi, siano le droghe o gli stupidari virtuali, dalle isole dei reality TV a Second Life del web.
Ma le Utopie non sono mai state né hanno mai preteso d'essere paradisi o fughe, bensì progetti e proposte per risolvere i problemi della specie considerata come comunità. Da quelli della produzione per rispondere ai bisogni materiali e alla penuria, a quelli della coesione sociale e delle relazioni tra individui generi e classi sociali.
Fa sorridere oggi la lettura delle "meraviglie" scientifiche e tecnologiche descritte nelle Utopie del passato così come fanno sorridere i "fiumi di latte e miele" così simili agli spot del Mulino Bianco. L'homo economicus occidentalis ha risolto gran parte dei problemi materiali a partire da quelli legati alla sussistenza. Oggi anche un "povero" nordamericano o europeo vive (mangia, dorme, beve, si veste, si sposta, parla con gli altri, si ripara e si cura) di gran lunga meglio di un qualsivoglia "signore" del medioevo. In effetti la capacità produttiva raggiunta dalla specie umana, se fosse possibile considerarla globalmente come capacità produttiva della comunità umana, è tale che i problemi legati alla sussistenza potrebbero essere già risolti per tutti gli abitanti della terra e non solo per gli europei e i nordamericani.
Non fa invece per niente sorridere l'altissimo grado di coesione sociale, di armonia, e di benessere descritto dagli utopisti. Quello nel felice paradiso capitalistico non solo è di là da venire, ma si è allontanato di molto.
Perché, ed è questo il guaio, nel duemila non esiste una comunità umana globale, a dispetto dei fiumi d'inchiostro che si versano sul globalismo, e non esiste nessuna comunità tout court, né piccola e né grande. La specie umana del terzo millennio è organizzata sulla base di una competizione (guerra) di tutti contro tutti, un homo homini lupus che oggi si è esteso a tal punto, nel tempo e nello spazio, da diventare anche guerra (distruttiva) contro le altre specie animali e vegetali e contro tutti gli esseri viventi del futuro.
Questo tipo di organizzazione ha prodotto e continua a produrre, in una folle progressione geometrica, progressi, ricchezze e poteri immani ma, anche e soprattutto, guerre, ingiustizie, paure, vessazioni, persecuzioni, dominazioni, corruzioni, delitti, prevaricazioni, disastri culturali, genetici, ambientali in misura tale da pregiudicare la sopravvivenza stessa della vita e del pianeta e che fanno invidiare la vita tranquilla del servo della gleba medievale.
Oggi la sfida per gli utopisti (una specie in estinzione se non già estinta) è quella di pensare, prefigurare un nuovo tipo di organizzazione dei rapporti tra gli individui e la specie, intesa come comunità umana del passato del presente e del futuro. Un rapporto tra la specie umana e le altre forme di vita e un rapporto di tutte le forme di vita col pianeta e con l'universo visto che sia pure in una misura infinitesimale siamo già in grado di interagire con esso.
Sento già protestare come sempre: ma cosa sono queste fumisterie? Che centra l'utopia con la proposta di legge regionale sul turismo, con la vicenda Telcal e Nicola Adamo, con i lavavetri e il fantomatico decreto Amato sulla sicurezza?
C'entra per almeno due motivi. Primo perché il battito d'ali di una farfalla in Asia è capace di creare un uragano nell'altra metà del mondo e poi perché se sognare pensare e descrivere una Nuova Comunità è compito della cultura e dell'arte, trovare le strade per arrivarci è invece un compito della politica.
Di una politica che deve ritrovare il significato nobile di dibattito sui destini della comunità quando oggi è, nel migliore dei casi, rissa continua per la difesa degli interessi personali, di botteghe e di parrocchia.
Purtroppo non sembrano andare verso questa strada né gli esperti di alchimie contabili che propongono un improbabile cambiamento traghettando un intero ceto politico vecchio e screditato nel "nuovo" Partito Democratico, né i concionatori domenicali di convegni che propongono la "cosa rossa" che è qualcosa di talmente ambiguo ed indefinito da essere innominabile.
Resta il popolo dei blog e dei delusi dai partiti (soprattutto di sinistra) il popolo dei girotondi, delle manifestazioni per la pace, gli antiglobalisti e gli ambientalisti, quelli delle associazioni e del no profit, e il popolo ben più grande dei giovani laureati e diplomati che il sistema produttivo minaccia di precarizzare a vita, dei giovani meridionali ai quali il sistema politico ha già posto l'alternativa “emigrare o morire”. Un'area che è ben più vasta delle poche centinaia di migliaia di cittadini che l'8 settembre con Beppe Grillo hanno gridato il sonoro vaffanculo alla casta politica.
Quasi per esorcizzarla i politici di centro di destra e di sinistra l'hanno chiamata antipolitica.
Antipolitica il piffero!!! Questa è l'ITALIA DEI CITTADINI che ha posto e continua a porre un programma politico minimo preciso. Giustizia sociale, diritti di cittadinanza, diritto a un lavoro vero, rispetto dell'ambiente, rifiuto della guerra, rifiuto delle mafie, della corruzione e delle collusioni, riconquista del diritto alla partecipazione politica. Che non è poco in un'Italia dove ai cittadini si è tolto perfino il diritto di voto. Sarebbe quasi una rivoluzione.
Beppe Grillo propone Liste Civiche alle quali lui darebbe il bollino.
Quali liste civiche?
Quale bollino?
Con le liste civiche non si va da nessuna parte.
La Prima Repubblica nata bene vissuta così così è morta nella vergogna di tangentopoli. La seconda Repubblica non solo non ha risolto niente ma nella corruzione e nella maneggioneria ci ha sguazzato fin dalla nascita. Forse è arrivata l'ora di incominciare a pensare alla terza Repubblica. La Repubblica dei cittadini. Sarà un percorso lungo e difficile che probabilmente avrà bisogno di strumenti nuovi e complessi. E’ poco, ma da qui si può incominciare.
Aspettando l’Utopia

Antipolitico sarà lei e tutta la sua razza!

Antipolitico sarà lei e tutta la sua razza!
In seguito alla manifestazione di Beppe Grillo si moltiplica nei talck-shows la guerra alla cosiddetta antipolitica. Questo articolo l'ho scritto in maggio e pubblicato sul blog The Sordo a giugno. Direi che è attualissimo.
di Mimmo Loiero

Antipolitica! Ecco l'anatema, la maledizione, la scomunica, il nuovo fantasma che in questo ultimo periodo la casta politica italiana ha risvegliato per tentare di mettere una pezza davanti alle vergogne che lentamente si stanno palesando agli occhi dei cittadini. L'anatema dell'antipolitica, sibilato con rabbia nelle interviste e ai talk shows, lanciato con veemenza ai convegni, alle parate e ai congressi di partito, sussurrato sottovoce nelle piccole e grandi stanze dei bottoni, colpisce senza distinzione in basso e in alto a destra e a sinistra. Colpisce il presidente di Confindustria Montezemolo che, pur essendo stato nutrito fin dalla nascita con biberon di denaro pubblico, osa denunciare i fannulloni dei ministeri, colpisce Pippo Callipo che stigmatizza la mafia con la penna in Calabria, colpisce i giovani delle consulte e delle associazioni che sputtanano arroganze e corruzioni di ordinaria follia, colpisce i pochi sindacalisti che, semel in anno, osano mettere in piazza qualche schifezza, e soprattutto colpisce giornalisti come la Gabanelli di Report o Iacona di Pane e politica che fanno inchieste, invece di fare la corte ai potenti.
L'anatema è anche utilizzato in tutt'Italia, dopo la riforma elettorale che stabilisce la dittatura dei vertici, come una minaccia contro le migliaia di militanti residui, ieri espulsi dai partiti e dalla politica perché malpancisti, perché assemblearisti, perché partecipazionisti, perché autonomi, perché antimazzetta e quindi inaffidabili, oggi semplicemente perché non c'è più bisogno di militanti, di quadri, di partecipazione, di confronti ma semplicemente di affiliati.
Antipolitico non è una condanna culturale. Come ogni anatema significa messa all'indice, esclusione, condanna senza appello e senza possibilità di difesa. E non sarebbe neanche una minaccia vuota in una Italia dove la casta politica rappresenta più del 40% del PIL (prodotto interno lordo) e in alcune regioni come la Calabria almeno il 90%. Dove ognuna delle centinaia di migliaia di cariche ed incarichi nelle istituzioni, ognuno dei milioni di posti di lavoro pubblici, parapubblici e paraprivati, ognuno dei miliardi di euro di contributi, forniture, appalti, acquisti sono controllati, spartiti e lottizzati. Dove non c'è settore (scuola, sanità, agricoltura, industria, artigianato, finanza, spettacolo, ambiente, forze armate, polizie, turismo...) che non sia in qualche modo infiltrato e spesso totalmente dominato dalla longa manus della casta politica.
Eppure la condanna oggi sembra un'arma un po' spuntata perché si sta facendo strada nell'opinione pubblica la sensazione che così non si può andare avanti, che non ce lo possiamo più permettere. La sensazione nasce soprattutto dall'impietoso confronto dell'Italia con gli altri paesi europei ed extraeuropei che mostra un paese con un ceto politico numeroso e vorace come un esercito di cavallette, assolutamente incapace di rinnovarsi e riformarsi, incapace persino di porsi il problema. Anche perché è un ceto politico, quello della cosiddetta seconda repubblica, che non ha idealità e valori al di fuori della propria sopravvivenza. Un ceto, o meglio una casta, nata, cresciuta e pasciuta, da una parte sulla fine della guerra fredda, il grande scontro ideologico, culturale ed economico tra USA e URSS e dall'altra sulla sconfitta del sessantotto e dei movimenti radicali della seconda metà del novecento e, infine, sulla sconfitta di Manipulite e dei movimenti giacobini delle città di fine secolo.
Queste sconfitte non si possono comprendere a fondo se non si ha presente il vero potere della casta politica italiana. L’état c'est moi può dire, ben più di Luigi XIV, il ceto politico di questo paese dove non esistono strutture istituzionali autonome, non esiste per esempio una burocrazia con una sua propria dignità e capacità. Il ceto politico in Italia è lo stato, ma è anche la cultura, i trasporti, la comunicazione, l'economia, la giustizia, l'esercito, le mafie... se si considerano le interconnessioni, mediate dal denaro pubblico, dall'occupazione delle cariche, dagli appalti e dai concorsi truccati.
Per capire il potere del ceto politico in economia basta pensare ai conflitti di interessi (quello di Berlusconi è solo il più vistoso) che nessuno dei partiti vuole affrontare davvero, proprio perché malati essi stessi della stessa malattia. Basta pensare alla cosiddetta privatizzazione risoltasi in un colossale mercato delle vacche dove alla fine i patrimoni dello stato sono diventati patrimoni degli amici. Telefoni, ferrovie, energia, industria di stato sono diventati occasioni di affari colossali, tangenti altrettanto colossali e un altrettanto colossale aumento di potere e di influenza non dei partiti che tendono a diventare gusci vuoti. C'è un altro elemento da considerare che spiega molto bene la composizione sociale della "casta" e la corsa a fare il politico. In Italia la politica non dà onore, non dà prestigio, non dà autorevolezza, dà molto poco potere di modificare la realtà, dà invece (molti e subito) soldi, potere di gestione e impunità.
Contro tale potere il lavoro dei magistrati appare veramente inadeguato visto che riescono solo ad iniziare, relativamente pochi procedimenti, che spesso finiscono nel porto delle nebbie o in assoluzioni per scadenza dei termini. Nè comunque indagini, rinvii a giudizio e condanne influiscono sulla "carriera" dei singoli politici se è vero come è vero che nel parlamento siedono decine di condannati definitivi, se è vero come è vero che al consiglio regionale calabrese sono per quasi la metà sotto processo per reati come la corruzione, l'abuso, la collusione mafiosa.
Non c'è speranza quindi?
Al contrario. Oggi, molto più che nei decenni trascorsi, un movimento che si ponga l'obiettivo di un rinnovamento radicale del ceto politico italiano, ha molte probabilità di riuscita. Perché c'è l'Europa, perché non c'è più né l'Unione Sovietica né la Cina di Mao e neanche l'America di Kennedy, perché c'è internet, perché agli italiani comincia a passare anche la "cotta" per Berlusconi.
Ha probabilità purché non si limiti alla denuncia della questione morale, ma elabori e adotti invece un programma di governo per risolvere i problemi più gravi portando una buona dose di innovazione nel paese e purché riesca a fare l'operazione culturale di ribaltare l'accusa di antipolitica.
La parola politica significa governo della città, della comunità, e se c'è qualcosa che si può chiamare antipolitica, è proprio la corruzione, l'interesse privato, l'occupazione abusiva (in quanto non per merito ma per tessera) di cariche pubbliche e posti di lavoro a tutti i livelli, la collusione con le mafie, lo sciupio delle risorse della comunità, l'incuria ed il disinteresse nei confronti dei bisogni dei cittadini...
La politica è uno strumento potentissimo ed efficace, forse il migliore che l'umanità abbia forgiato, per migliorare la vita delle comunità, per progredire, per evitare lo scontro diretto e violento dei bisogni e delle ambizioni individuali e portarli ad una sintesi accettata se non condivisa. E il delitto più grave del ceto politico è stato proprio quello di assassinare il significato della parola politica, stravolgerlo al punto da farlo diventare il contrario.

Agazio Loiero fa fuori tutti i concorrenti. Quater Quater

Agazio Loiero fa fuori tutti i concorrenti. Quater Quater
di Mimmo Loiero

Rabbia e frustrazione sono le parole che meglio descrivono la condizione dei calabresi questo inverno duemilaeotto. Rabbia e frustrazione per i ragazzi senza futuro che in decine di migliaia escono dalle università e vanno a spendere la loro laurea nei call center e nei pubs del nord. Rabbia e frustrazione per una crisi economica che non demorde e che si mangia i (pochi) risparmi e persino le pensioni dei nonni. Rabbia e frustrazione per lo stipendio che (quando c'è e per molti proprio non c'è) non basta ad arrivare a fine mese. Rabbia e frustrazione per i nuovi debiti che si è costretti a fare, per i servizi che non ci sono, che hanno cancellato (treni e uffici postali), e che quando ci sono non funzionano o funzionano male come sempre e peggio di sempre(vedi la sanità). Rabbia e frustrazione per uno sviluppo sempre promesso e mai mantenuto, per i soldi dell'Europa che dovevano finanziare il decollo, garantire le infrastrutture e hanno finanziato i clan politici e mafiosi. Rabbia e frustrazione per un turismo che si allontana sempre di più (anche solo come speranza) perché i depuratori non funzionano nonostante i soldi spesi, perché la regione ha il maggior numero di morti ammazzati e di mafiosi e i peggiori trasporti d'Europa, perché (soprattutto) il turismo è servito solo come alibi per palazzinari e prenditori professionisti di fondi pubblici e sovvenzioni.
Rabbia e frustrazione che, non esplode, ma marcisce e degenera nella depressione e nella sfiducia totale, per la malapolitica, per la decadenza delle istituzioni e (sopratutto e prima di tutto) per l'inadeguatezza morale politica e culturale del ceto politico regionale a pensare redigere proporre e realizzare un qualsivoglia progetto di rinascita.
Di tutto questo (sentimento dei calabresi - problemi concreti - progetti di soluzione) non vi è assolutamente traccia nei comunicati ufficiali, nelle dichiarazioni, nelle interviste che hanno accompagnato il "varo" della quarta giunta regionale di Agazio Loiero governatore delle Calabrie per grazia di Dio e volontà dei calabresi che un paio di anni fa lo hanno subissato di voti e di speranze.
Comunicati, dichiarazioni, interviste (di maggioranza e opposizione senza distinzione alcuna di linguaggio e di contenuti) parlano, in politichese stretto, per raccontare di esclusioni, di ritorni, di rese dei conti, di ricatti, di spartizioni, di contestazioni formali e giuridiche, tutte interne agli interessi di correnti, di partiti, di gruppi clan e famiglie che compongono l'attuale quadro politico regionale.
A decrittare in linguaggio comprensibile le dichiarazioni, la nuova giunta sarebbe il risultato di nuovi equilibri nati essenzialmente dopo le "primarie" del Partito democratico con, in più, un... riequilibrio delle cariche tra le diverse province.
Invece è un mezzo scompiglio. Un mezzo ciclone che fa fuori in un colpo solo Nicola Adamo, Doris Lo Moro e Sandro Principe. E fa entrare degli outsiders (uno è un rientro).
Una giunta nuova come un mezzo terremoto. Per fare cosa?
Ed ecco la composizine della nuova giunta. La quater in poco più di due anni.
Vincenzo Spaziante: Vice Presidente senza deleghe
Vincenzo Spaziante, veneto, quasi sessanta anni, formazione Olivettiana, dirigente generale della Ragioneria Generale dello Stato, Vice Capo del Dipartimento della Protezione Civile e già Assessore al Bilancio nella giunta scorsa. La sua nomina a Vice governatore viene considerata "irregolare" perché membro esterno non eletto dai cittadini.
Domenico Cersosimo: Ricerca Scientifica
E' la vera novità di questa giunta. Giovane e brillante economista calabrese. Laureato, ricercatore e docente alla Università della Calabria. Ha fatto parte del gruppo di ideazione e progettazione del Parco scientifico e tecnologico della Calabria ed è stato assessore al comune di Cosenza. Ha una conoscenza approfondita della struttura produttiva calabrese e meridionale "Nel Meridione il sottosviluppo è la regola, lo sviluppo l'eccezione" - ama ripetere - Autore di pubblicazioni e saggi sullo sviluppo locale e l'economia del meridione.
Francesco Sulla: Attività produttive
Eletto nelle liste dei Ds, 53 anni, assessore ai Servizi sociali e alle attività produttive di Cutro, nella Cgil regionale è stato responsabile industria e settori produttivi, del mercato del lavoro, della cooperazione e della formazione. Dal 1990 al 2001 ha fatto parte del Comitato di gestione provinciale dell'Inps, prima di Catanzaro e poi di Crotone. Per cinque anni, è stato componente della Commissione Regionale per l'Impiego della Calabria e consulente, a Bruxelles, del Comitato delle Regioni.
Demetrio Naccari Carlizzi: Bilancio e Patrimonio
Quarantenne, eletto nella Margherita è stato assessore alle Infrastrutture e ai Trasporti nella seconda Giunta Loiero e vicepresidente del Consiglio regionale. E stato anche vice Sindaco e Assessore all'Organizzazione Risorse Umane col compianto sindaco reggino Falcomatà.
Liliana Frascà: Riforme e Personale
Diessina è l'unica donna della giunta. Lunga carriera sindacale all'interno della Cgil. Segretaria provinciale della Federbraccianti-Cgil di Reggio Calabria e successivamente dirigente regionale e nazionale. Ha concorso a costituire l'associazione "Donne contro la mafia"
Diego Tommasi: Ambiente e Protezione Civile
Eletto nella lista dei Verdi, è stato eletto consigliere comunale di Rende. Si è occupato soprattutto delle problematiche legate alla raccolta differenziata. Vice presidente del Coni per la provincia di Cosenza, è nel Consiglio federale nazionale della FIPSAS.
Mario Pirillo: Agricoltura e Foreste
Mario PIRILLO sessantenne è stato assessore comunale di Amantea nella DC. Presidente dell'USL di Amantea. Consigliere regionale dal 1990. Assessore al Bilancio e Vice Presidente nella Giunta Nisticò. 1999 viene nominato Assessore Regionale all'Agricoltura. Nel 2002 passa alla "Margherita" e nel 2005 ha aderito al Pdm.
Luigi Incarnato: Infrastrutture e Lavori Pubblici
Socialista Luigi INCARNATO è nato a Cosenza nel 1956. Sindacalista dell'Uil, per la quale ha curato i settori del Commercio e dei servizi del pubblico impiego, della forestazione e dell'agro alimentare.
Pasquale Tripodi: Turismo e Beni Culturali
Pasquale TRIPODI è del 1957. Segretario della sezione DC e poi sindaco di Bova Marina fino al 2000. Con Loiero è stato assessore ai trasporti, alle Attività Produttive e ora al turismo.
Michelangelo Tripodi: Urbanistica e gestione del Territorio
Nato il 20 Agosto 1956, Segreteria Provinciale della FGCI, Segretario della Sezione PCI "Ciccio Morabito" di Sbarre e poi entra nell'Esecutivo cittadino e provinciale del PCI.Tra i fondatori del Partito della Rifondazione Comunista, viene eletto Consigliere Regionale nel '95 e assessore al lavoro nel 1999 Dal 2 maggio 2005 è Assessore all'Urbanistica e al Governo del Territorio.
Mario Maiolo: Programmazione nazionale e comunitaria
Cosentino, eletto nella Margherita è autore di numerose pubblicazioni scientifiche nel campo delle Costruzioni Idrauliche e dell'Ingegneria Ambientale. Proviene dalla Democrazia Cristiana ed è stato Vice Presidente della Provincia di Cosenza.
Le deleghe alla Sanità e al Lavoro rimarranno in capo al Presidente Loiero che avrà l'imprenditrice Pina Amarelli come consulente speciale per la promozione sociale, economica e culturale della regione.
Rimane Vincenzo Falcone agli Affari della Presidenza mentre l'ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio e lo stilista Santo Versace che nella precedente Giunta erano advisors (lanciati come una grande innovazione che nessuno ha mai capito cosa fosse e di cui nessuno ha mai saputo niente), faranno parte di un Comitato etico da costituire (non si sa assolutamente come e perché).
Questa la squadra presentata da Agazio che, non solo non si pronuncia sulla situazione sociale e sulla crisi economica della regione, ma glissa, con nonchalance, anche su tutti gli aspetti politici che non sono cosa da poco.
Sconvolgimenti da fare faville se solo la Calabria non fosse definitivamente spenta.
Rifondazione Comunista è uscita dalla giunta qualche mese fa. La crisi non è servita a ricucire lo strappo, se mai ce ne fosse stata l'intenzione, anzi i vertici del partito calabrese dichiarano che se si esclude la presenza di Mimmo Cerzosimo, questa squadra non presenta alcun segno di novità e, meno che meno, di quella inversione di tendenza necessaria ad affrontare la crisi della regione.
L'esclusione dalla giunta di Adamo, Lo Moro e Principe non può essere liquidata come ricambio naturale... cosetta da niente e le motivazioni espresse da Loiero, senza imbarazzo, sembrano pezze a colori che evidenziano più che nascondere le magagne. Sicuramente si avranno ripercussioni nel futuro. Si tratta dell'azzeramento di un sistema di potere che arriva, non a caso, in seguito alle inchieste giudiziarie sulla malapolitica in cui si trova impantanato l'ex vicepresidente Adamo, dopo le lunghe e tremende polemiche sul sistema sanitario regionale nel cui ambito solo due anni fa avvenne l'assassinio mafioso dell'ex vicepresidente del consiglio Franco Fortugno, dopo il terremoto provocato dalla nascita del Partito Democratico Calabrese che ha fatto franare vecchi equilibri.
La "nuova" suddivisione di incarichi non ha placato per niente l'appetito di gruppi e consorterie che costituiscono il magma ribollente del centrismo calabrese. L'Udeur ha dichiarato, senza mezzi termini, la sua insoddisfazione. E' facile prevedere la continuazione delle guerre di spartizione che hanno contrassegnato tristemente la Calabria tutti questi anni ed in particolare questi ultimi anni di governo del centrosinistra.
Ma tutto questo non sembra proprio preoccupare Agazio Loiero galleggiante e pimpante come non mai. Meno ancora sembra preoccuparlo l'opposizione di centrodestra che nell'occasione riesce a malapena a balbettare obiezioni di illegittimità alla nomina del vicepresidente promettendo improbabili guerre in consiglio.
Nella sua campagna elettorale Agazio Loiero raccontava in ogni occasione che "Bisognava rivoltare la Calabria come un calzino". Probabilmente non si riferiva alle capacità produttive della regione, alla mancanza cronica di servizi e opportunità, al bisogno di legalità pulizia ed efficienza dei Calabresi per bene, alle speranze di riscatto dei giovani dilavate e scolorite come i manifesti di Oliviero Toscani. il presidente non vive né le speranze, né i bisogni della maggioranza dei calabresi. Lui vive nella casta e probabilmente solo la casta voleva rivoltare. Se è così con questa nuova giunta il calzino è, almeno in parte rivoltato. Non è comunque un bello spettacolo.
Auguri.

Basta soldi alla Calabria!

Basta soldi alla Calabria!
di Mimmo Loiero

CALABRESI PRIMI!
negli omicidi

Ecco la classifica nazionale per province: al primo posto Catanzaro, al secondo posto Reggio Calabria, solo al al terzo sta Nuoro e poi Caserta, ma tra le prime dieci abbiamo ancora Vibo Valentia al sesto posto e Crotone all'ottavo. Cosenza, ultima tra le province calabresi si piazza si piazza solo al trentaduesimo posto.
La classifica, ahinoi, riguarda gli omicidi e riguarda i dati del 2006 pubblicati dal ministero degli interni. I dati riguardano un pò tutti i delitti relativi alla "sicurezza" e quindi anche i delitti contro il patrimonio e quindi scippi, borseggi, furti in abitazione dove invece andiamo malissimo. recuperiamo però, nonostante una flessione tremenda, nelle rapine dove Reggio conquista un buon ventesimo posto. Come dire che a noi calabresi della "robba" non ce ne frega niente se solo possiamo scannarci come vogliamo.

CALABRESI ULTIMI!
nella qualità della vita

La classifica è tra le città Italiane, proviene da Altroconsumo e ci vede all'ultimo posto con Reggio Calabria superata anche da Bari, Napoli e Palermo. I dati, anche questi pubblicati nel 2007, riguardano il 2006 La classificaè basata su parametri come la sicurezza e la lotta contro la criminalità ma anche sull'occupazione, i trasporti, il costo della vita etc. Al primo posto della classifica c'è Trento seguita da Bolzano, Aosta, Trieste, Bologna e Perugia.

E' LA FILOSOFIA DEL PEZZENTE?
La Calabria comunque non ultimeggia solo in Italia. Proprio quest'anno ha conquistato il titolo di ultima regione d'Europa. Molti politici e media regionali hanno commentato:
- Meno male così continuiamo a prendere i contributi europei per le regioni disastrate! -
E' la "filosofia del pezzente" che i politici calabresi hanno da sempre esibito scappellandosi con tutti i governi? No i contributi europei per questa "classe dirigente politica" sono vitali. Servono per comprare il consenso nella regione e per pagare le cariche e la protezione ai grandi capi di Roma. Protezione da qualche magistrato che ha stomaco e palle per indagare sui depuratori inesistenti, sulle fabbriche mai nate, sui soldi rapinati in mille modi dai politici e dalle mafie con la coppola e coi colletti bianchi, blu, rosa e marrone.

BASTA CONTRIBUTI AL SUD!
Beppe Grillo è andato a Bruxelles per implorare che non vengano più erogati contributi alle regioni del sud Italia ché tanto non arrivano perché se li mangiano per strada. I calabresi dovrebbero appoggiare questa richiesta e non solo per ché tanto di quei soldi non sentirebbero neanche l'odore, ma soprattutto perché i contributi (europei e statali) sono serviti per mandare al potere ladri, incapaci e mafiosi che possono essere scalzati solo se gli viene a mancare l'alimento di base.