venerdì 7 dicembre 2007

L'UTOPIA AL TEMPO DEL VILLAGGIO GLOBALE

L'UTOPIA AL TEMPO DEL VILLAGGIO GLOBALE
Pangloss, le ali e il piffero
di Mimmo Loiero

"Il canto è nato prima della parola parlata, la poesia è nata prima della prosa, la religione e l'arte sono nate prima della scienza. Nulla di tutto questo è stato inutile. Anzi i grandi avanzamenti sono avvenuti grazie a queste poche svolte vitali e feconde che si sono periodicamente inserite nel lungo cammino percorso dall'umanità. L'arte perciò è rivoluzione." (A. Bordiga.)

"Una carta del mondo che non contiene il Paese dell'Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo Paese al quale l'Umanità approda di continuo. E quando vi getta l'àncora, la vedetta scorge un Paese migliore e l'Umanità di nuovo fa vela" (O. Wilde)

E' passato molto tempo da quando Pangloss, metafisico-teologo-cosmologo-scempiologo, insegnava al giovane Candide che questo è il migliore dei mondi possibili. Dopo un quarto di millennio, nell'anno del signore 2007, i tantissimi sociologi-politologi-massmediologi... scempiologi di oggi affermano esattamente il contrario: viviamo nel peggiore dei mondi possibili.
Non devono neanche fare fatica, come il buon Pangloss, a dimostrare il loro assunto. Guerre, sfracelli, miserie, terrorismi, porcherie, ammazzamenti, ingiustizie e vessazioni, mostrati con dovizia di particolari ogni giorno all'ora dei pasti, sui maxischermi HI-FI a cristalli liquidi comprati a rate con Findomestic, lo dimostrano senza lasciare dubbi o perplessità.
Stranamente però, con un assunto che è l'esatto contrario, le conclusioni dei Pangloss di ieri e di oggi, sono esattamente uguali. Se viviamo nel migliore dei mondi possibili non è il caso di agitarsi, che dico neanche di muovere un sopracciglio... fa dire Voltaire a Pangloss. E' vero questo è il peggiore dei mondi possibili, ma le cose vanno così ed è perfettamente inutile agitarsi, che dico muovere solo un sopracciglio, anche perché le cose potrebbero andare peggio.... sostengono oggi le vestali dei conformismi da giornali e talk shows.
A contraddire Pangloss vennero i lumi e i grandi Utopisti - Etienne Cabet, Saint-Simon, Fourier, Owen e non ultimo Carlo Marx - e dopo gli utopisti, le grandi rivoluzioni dell'800 e del '900 che trasformarono i modi di produzione, liberando immani energie e consentendo la trasformazione del mondo in quello che oggi conosciamo.
A contraddire i Pangloss di oggi non ci sono lumi all'orizzonte né Utopisti e Utopie. Non perché non se ne senta il bisogno, se è vero come è vero che uomini e donne, oggi più che mai, fuggono dagli orrori e dall'oppressione della vita reale per cercare ad ogni costo un paradiso qualsiasi. Sia esso quello antico, sempre promesso e mai mantenuto dalle religioni di tutti i paesi e di tutti i tempi, siano le droghe o gli stupidari virtuali, dalle isole dei reality TV a Second Life del web.
Ma le Utopie non sono mai state né hanno mai preteso d'essere paradisi o fughe, bensì progetti e proposte per risolvere i problemi della specie considerata come comunità. Da quelli della produzione per rispondere ai bisogni materiali e alla penuria, a quelli della coesione sociale e delle relazioni tra individui generi e classi sociali.
Fa sorridere oggi la lettura delle "meraviglie" scientifiche e tecnologiche descritte nelle Utopie del passato così come fanno sorridere i "fiumi di latte e miele" così simili agli spot del Mulino Bianco. L'homo economicus occidentalis ha risolto gran parte dei problemi materiali a partire da quelli legati alla sussistenza. Oggi anche un "povero" nordamericano o europeo vive (mangia, dorme, beve, si veste, si sposta, parla con gli altri, si ripara e si cura) di gran lunga meglio di un qualsivoglia "signore" del medioevo. In effetti la capacità produttiva raggiunta dalla specie umana, se fosse possibile considerarla globalmente come capacità produttiva della comunità umana, è tale che i problemi legati alla sussistenza potrebbero essere già risolti per tutti gli abitanti della terra e non solo per gli europei e i nordamericani.
Non fa invece per niente sorridere l'altissimo grado di coesione sociale, di armonia, e di benessere descritto dagli utopisti. Quello nel felice paradiso capitalistico non solo è di là da venire, ma si è allontanato di molto.
Perché, ed è questo il guaio, nel duemila non esiste una comunità umana globale, a dispetto dei fiumi d'inchiostro che si versano sul globalismo, e non esiste nessuna comunità tout court, né piccola e né grande. La specie umana del terzo millennio è organizzata sulla base di una competizione (guerra) di tutti contro tutti, un homo homini lupus che oggi si è esteso a tal punto, nel tempo e nello spazio, da diventare anche guerra (distruttiva) contro le altre specie animali e vegetali e contro tutti gli esseri viventi del futuro.
Questo tipo di organizzazione ha prodotto e continua a produrre, in una folle progressione geometrica, progressi, ricchezze e poteri immani ma, anche e soprattutto, guerre, ingiustizie, paure, vessazioni, persecuzioni, dominazioni, corruzioni, delitti, prevaricazioni, disastri culturali, genetici, ambientali in misura tale da pregiudicare la sopravvivenza stessa della vita e del pianeta e che fanno invidiare la vita tranquilla del servo della gleba medievale.
Oggi la sfida per gli utopisti (una specie in estinzione se non già estinta) è quella di pensare, prefigurare un nuovo tipo di organizzazione dei rapporti tra gli individui e la specie, intesa come comunità umana del passato del presente e del futuro. Un rapporto tra la specie umana e le altre forme di vita e un rapporto di tutte le forme di vita col pianeta e con l'universo visto che sia pure in una misura infinitesimale siamo già in grado di interagire con esso.
Sento già protestare come sempre: ma cosa sono queste fumisterie? Che centra l'utopia con la proposta di legge regionale sul turismo, con la vicenda Telcal e Nicola Adamo, con i lavavetri e il fantomatico decreto Amato sulla sicurezza?
C'entra per almeno due motivi. Primo perché il battito d'ali di una farfalla in Asia è capace di creare un uragano nell'altra metà del mondo e poi perché se sognare pensare e descrivere una Nuova Comunità è compito della cultura e dell'arte, trovare le strade per arrivarci è invece un compito della politica.
Di una politica che deve ritrovare il significato nobile di dibattito sui destini della comunità quando oggi è, nel migliore dei casi, rissa continua per la difesa degli interessi personali, di botteghe e di parrocchia.
Purtroppo non sembrano andare verso questa strada né gli esperti di alchimie contabili che propongono un improbabile cambiamento traghettando un intero ceto politico vecchio e screditato nel "nuovo" Partito Democratico, né i concionatori domenicali di convegni che propongono la "cosa rossa" che è qualcosa di talmente ambiguo ed indefinito da essere innominabile.
Resta il popolo dei blog e dei delusi dai partiti (soprattutto di sinistra) il popolo dei girotondi, delle manifestazioni per la pace, gli antiglobalisti e gli ambientalisti, quelli delle associazioni e del no profit, e il popolo ben più grande dei giovani laureati e diplomati che il sistema produttivo minaccia di precarizzare a vita, dei giovani meridionali ai quali il sistema politico ha già posto l'alternativa “emigrare o morire”. Un'area che è ben più vasta delle poche centinaia di migliaia di cittadini che l'8 settembre con Beppe Grillo hanno gridato il sonoro vaffanculo alla casta politica.
Quasi per esorcizzarla i politici di centro di destra e di sinistra l'hanno chiamata antipolitica.
Antipolitica il piffero!!! Questa è l'ITALIA DEI CITTADINI che ha posto e continua a porre un programma politico minimo preciso. Giustizia sociale, diritti di cittadinanza, diritto a un lavoro vero, rispetto dell'ambiente, rifiuto della guerra, rifiuto delle mafie, della corruzione e delle collusioni, riconquista del diritto alla partecipazione politica. Che non è poco in un'Italia dove ai cittadini si è tolto perfino il diritto di voto. Sarebbe quasi una rivoluzione.
Beppe Grillo propone Liste Civiche alle quali lui darebbe il bollino.
Quali liste civiche?
Quale bollino?
Con le liste civiche non si va da nessuna parte.
La Prima Repubblica nata bene vissuta così così è morta nella vergogna di tangentopoli. La seconda Repubblica non solo non ha risolto niente ma nella corruzione e nella maneggioneria ci ha sguazzato fin dalla nascita. Forse è arrivata l'ora di incominciare a pensare alla terza Repubblica. La Repubblica dei cittadini. Sarà un percorso lungo e difficile che probabilmente avrà bisogno di strumenti nuovi e complessi. E’ poco, ma da qui si può incominciare.
Aspettando l’Utopia

Nessun commento:

Posta un commento

Tu cosa ne pensi?