sabato 20 giugno 2009

Il sud e l’oro blu

Acqua calabrese.
Una risorsa preziosa decantata da Plinio.
Acqua calabrese.
Affari, politica, ‘ndrine e scatole cinesi

Relazione all’evento SOS Acqua di Metasud Soverato Hotel Il Nocchiero 7 aprile 2009
Facciamoci i fatti nostri
Dovremmo occuparci di più dei fatti nostri. Delle nostre proprietà. Dei nostri beni, dei nostri averi che sono continuamente minacciati. Non dell’appartamento, della villetta, della macchina. Quelli sono i nostri beni privati e, nonostante le campagne terroristiche, oggi sui musulmani, ieri sui comunisti, domani sugli extra comunitari, quelli non ce li minaccia nessuno (a parte le banche e la crisi).
Dovremmo occuparci di più dei nostri beni collettivi che ci derubano, che ci insozzano, che ci sprecano, che rischiamo di perdere per sempre. Di quei beni preziosissimi senza i quali non possiamo vivere, come l’aria, la terra, il verde, le città, la legalità e l’acqua appunto.
Oggi come ieri, questi beni che sono di tutti, sono preda dei caimani.
I caimani sono come i coccodrilli. Si dice che i coccodrilli dopo avere divorato le loro prede più grosse si mettano a piangere.
Anche i caimani.
Quelli piccoli e quelli grandi.
Li sentiamo fare, oggi come ieri, grandi lamentazioni sullo sfasciume pendulo, sulla imprevedibilità delle catastrofi, sull’eroismo dei volontari, sulla solidarietà. Si abbracciano tutti nel comune dolore.
Ma da domani continueranno a fare condoni, a non controllare sfasci e abusivismi, a redigere piani regolatori di favore, a chiudere le foci dei fiumi con villette tangenti e cemento, a sollecitare l’appetito smisurato dei cementificatori con promesse e scambio di voti. Io do la licenza a te tu mi dai i voti tuoi e della tua famiglia per generazioni...
Ci hanno spiegato a noi idealisti, a noi folli, a noi sognatori, che il tempo degli ideali è definitivamente tramontato. Che il sol dell’avvenire non c’è più che bisogna essere pragmatici.
Bene vogliamo essere pragmatici, vogliamo entrare nel merito, vogliamo distinguere. Per questo rifiutiamo la retorica e non ci stringiamo oggi in un abbraccio comune con chi sullo sfascio ha mietuto successi, con chi ha speculato sulla vita delle povere persone dilaniate non tanto dagli eventi calamitosi, quanto dalla corruzione, dall’incuria, dai controlli mancati. Sarebbe ipocrisia scambiare solidarietà con chi ha scambiato vite umane contro voti, soldi e potere.
Vogliamo essere pragmatici, vogliamo entrare nel merito, vogliamo distinguere. Per questo riteniamo che i politici non sono tutti uguali. Non sono uguali quelli (tanti e di tanti partiti) che hanno favorito lo sfascio e quelli (pochi e di pochi partiti) che non favorendolo magari hanno bruciato voti e carriere.
Nei giorni della tragedia si fa molta retorica: sulle forze armate, sulla polizia, sui carabinieri, sui medici, sugli ingegneri perfino.
Via non siate idealisti! Abbiamo detto niente retorica! Distinguiamo!
Quali forze armate, quali medici? Quali ingegneri? Quelli che si sono fatti cadere in testa le caserme, i ponti, le strade, gli ospedali, gli edifici per aver permesso di mettere meno ferro e cemento, quelli che hanno firmato progetti scellerati, quelli che non hanno controllato, quelli che fanno i soldi e fanno morire la gente in corsia? Oppure quelli che si fanno il culo senza sgomitare e non fanno carriera, quelli che non trovano lavoro, quelli sfruttati da contratti da morti di fame, quelli bravi, tanto bravi che noi non li vogliamo e li mandiamo a lavorare all’estero? Quelli che non si vedono mai ma che senza di loro non funzionerebbe niente oppure quelli che fanno a cazzotti per entrare nelle foto ufficiali accanto al capo anche quando il capo si fa fotografare sulle rovine fumanti. I medici, gli ingegneri, i poliziotti esattamente come i politici non sono tutti uguali e quindi niente solidarietà indifferenziata.
Questa relazione parla di acqua, ma ci vorrebbero anni per esaurire tutto l’argomento.
E quindi non parleremo di quella dei mari e dei fiumi e neanche dell’acqua che viene giù dal cielo a volte come pioggia benefica a volte come diluvio disastroso.
Parleremo semplicemente della banale acqua che viene giù dal rubinetto (purtroppo non sempre e non per tutti).
Del bene collettivo più delicato e sciupato, della risorsa più preziosa.
Che non è solo bisogno (e quindi merce da pagare). Né diritto tout court e quindi da sprecare come si vuole, ma risorsa preziosa, bene di tutti, da difendere, valorizzare salvaguardare. Parleremo di acqua e del sud perché sono due parole che vanno assieme... La sete del sud del mondo e anche del sud dell’Italia esplode spesso sui giornali nelle proteste di massa non tanto e non solo perché è scarsa quanto per il fatto che è proprio nei paesi più poveri che viene rapinata.
Parleremo soprattutto dell’acqua della nostra regione che da risorsa abbondante e preziosa sta diventando un cocktail velenoso. In tutti i sensi.

Il cocktail
Il cocktail ha molti componenti ma la base è l’acqua. La meravigliosa buonissima acqua di Calabria magnificata da Gaio Plinio Secondo nella sua Storia Naturale come portentosa e dispensatrice di benefici. Quell’acqua abbondantissima che nel secolo scorso veniva calcolata in almeno trentamila sorgenti con portata superiore a 60 litri al minuto e quindi con una disponibilità complessiva di ben 43.000 litri al secondo.
Una ricchezza su cui in tanti hanno messo gli occhi e le mani ma che continua a venire sprecata con la mancata captazione e valorizzazione, con una rete vecchia che se ne perde più della metà, con l’irrazionale trivellazione di decine di migliaia di pozzi. Praticamente abbiamo acqua da vendere ma la buttiamo via.
Sembra un paradosso ma si spiega benissimo con quello che è il secondo ingrediente del nostro cocktail: i soldi.
Intorno all’acqua calabrese gira da decenni un mare di soldi, migliaia e migliaia di miliardi del vecchio conio. Sono i soldi pubblici degli investimenti non fatti o fatti male in decine di anni. Alaco, Menta, Metramo, Mesima sono parole che risuonano nella testa dei calabresi da decenni come sinonimo d spreco mafie e malaffare. Sono in tutto ben 36 le dighe progettate, in costruzione, realizzate. Di queste solo tre attualmente portano acqua nelle case dei calabresi. Sono centinaia i depuratori progettati ma ancora nessuno sa quanti sono quelli in funzione. Intorno a queste opere un mare di soldi. Soldi della regione Calabria, soldi nazionali distribuiti dai governi di tutti i colori, soldi dell’Europa.
Il terzo ingrediente è ovviamente la politica. Che dovrebbe esserci perché l’acqua è un tema che riguarda interessi vitali della comunità, perché è anche una questione di democrazia oltre che di benessere collettivo. Ma molti politici regionali (anche qui ci sforziamo di fare un distinguo ma è tremendamente difficile) ci sono perché ci sono i soldi, i voti, il potere.
I miliardi dell’acqua, come quelli della sanità, delle infrastrutture, dello sviluppo, passano attraverso atti politici: promesse, incarichi di progettazione, appalti e via dicendo. Sono atti politico-amministrativi che producono soldi, potere, voti. Ma attenzione! Qui non si pagano tangenti non ce n’è bisogno: pagatori e beneficiari sono le stesse persone o quanto meno parenti. Così risulta in una intervista rilasciata a Radio Radicale dal PM De Magistris ad agosto del 2007: “Faccia una visura camerale per vedere chi sono i soci, i consiglieri di amministrazione, e vedrà che abbiamo il figlio del politico, il nipote, il figlio e il parente del magistrato, e poi del poliziotto, del carabiniere... Nel 92 gli imprenditori facevano la fila davanti agli uffici del PM e confessavano stanchi di pagare tangenti. Da allora tutto è cambiato.. c’è stato un accordo pure con la mafia che ha dismesso la strategia dell’attacco allo stato. Tutti attorno ad un tavolo, imprenditoria e politica deviata. L’obiettivo non è più la mazzetta ma la spartizione dei finanziamenti pubblici. Ci sediamo, facciamo le nostre società, prendiamo”.
Non è solo il “troppo solerte” e quindi defenestrato De Magistris a parlare di “tavolo di accordi” tra mafia, politica, imprenditoria e poteri vari in Calabria. Il copyright spetta al dottor Boemi di Reggio procuratore antimafia molto informato della situazione.
Come vedete, parlando di politica, senza nessuna meraviglia e nessun clamore, abbiamo inserito il quarto ingrediente: le mafie ed in particolare le “ndrine”. Un ingrediente noto a tutti ma che chi ha gli occhi foderati di prosciutto ancora insiste a non vedere. Loro nell’acqua ci sono da decenni. Con i lavori di movimento terra delle dighe per esempio. Il posto se lo sono guadagnato nel modo solito, con estorsioni attentati, minacce. Ma nel business più grosso le “ndrine” fanno di tutto per non fare clamore. Fanno capolino qua e la, nelle inchieste giudiziarie scucuzzate, ma non più di tanto. Solo che ad un certo punto ci scappa il morto. L’imprenditore Longo, capofila di un consorzio di 23 aziende beneficiarie degli appalti delle infrastrutture dell’acqua, viene trovato fulminato dai pallettoni nel lametino.
Il nostro cocktail ha già quattro ingredienti fondamentali ma ne mancano ancora e tutti molto importanti.
Il quinto per esempio è rappresentato da decine e decine di comuni calabresi indebitati da decenni per bollette di acqua non pagate prima alla Cassa per il Mezzogiorno, poi alla regione e ora?
Dietro di loro centinaia di migliaia di cittadini abituati ad un servizio pessimo ma non pagato e che negli ultimi anni si vedono recapitare bollette forfettarie, pazze e pazzesche e comunque del tutto contro la legge ed il buon senso, che vorrebbero che io che con l’acqua ci bevo non devo pagare quanto quello che con l’acqua potabile irriga il giardino.. Qualcuno paga. Molti no.
E poi ci sono i carrozzoni che negli anni si sono costruiti e che mungono soldi in continuazione. Gli ATO per esempio. E poi e poi e poi...
Il cocktail è pronto. Prima di servirlo va rimescolato a lungo da presidenti di regione di centro destra e di centrosinistra e poi agitato ben bene. I barman ideali per questa operazione sono PM: quello di Catanzaro che siccome lo ha agitato troppo è stato licenziato, e poi quello di Latina e quelli di Palermo. Ma non se ne escludono altri per il futuro.
Il cocktail è servito. E’ un cocktail forte, per uomini che non devono chiedere. Mai.
Uomini che possono pretendere. Con l’arroganza del potere, con i soldi...

Sorical un nome una garanzia
L’acqua calabrese, dal punto di vista del business, non è mai stata pura nè tantomeno trasparente.
Oggi l’acqua calabrese ha un nome e un’etichetta. Ogni cocktail che si rispetti ha un nome.
Il nome è bruttino ricorda per assonanza i sorci, le zoccole e quindi i miasmi delle fogne ma è forte, sonoro, memorabile.
Si chiama SORICAL
Ma cosa è la Sorical?
Sorical non è solo un cocktail è anche un gioco di scatole cinesi. Partorito dalla coppia Chiaravalloti-Misiti doveva, a loro dire, ristorare la sete dei calabresi, valorizzare l’oro blu, costruendo infrastrutture di captazione, provvedere alla distribuzione ai comuni e alla depurazione. Sorical ha fatto poco o niente di tutto questo ma non è stata con le mani in mano.
Tant’è che oggi, per premio, il governatore Loiero e la sua giunta vogliono affidare tutta l’acqua calabrese a questa macchina mangiasoldi. E per farlo sono pronti anche ad unificare le 5 ATO e farne una sola.
Sorical alla nascita era ed è tuttora una società mista pubblico-privato. Il 51% della regione e il 49% di Acqua Calabria una società che alla nascita era costituita da Enel Idro e Acquedotto Pugliese. Amministratore delegato nominato dal socio privato e benedetto dal socio pubblico era l’ing. Raimondo Besson tecnico di area DS attivissimo, sempre nel settore dell’acqua, nel Lazio e altrove. L’ing. Besson era amministratore delegato e lo è rimasto fino a pochi mesi fa quando si è dimesso perché travolto da inchieste giudiziarie. Lo è rimasto anche quando il governo passò nelle mani del centrosinistra di Loiero e anche quando Enel Idro vendette la sua quota e la proprietà di Sorical passò, praticamente, nelle mani della multinazionale francese Veolia.
Ma che cosa è Veolia?
Veolia è una multinazionale. Forse la più grossa multinazionale del settore acqua. Ma si occupa pure di rifiuti e di altro. Veolia ha interessi dappertutto nel mondo, dall’Europa al Sudamerica passando per oriente e Africa. Soprattutto nei vari sud di questi paesi. Per esempio nel sud Italia.
Nel Sud Italia possiede l’acqua della Calabria, del Lazio, della Campania, della Sicilia.
Ma è piazzata benissimo anche nel settore spazzatura per esempio in Campania.
Con Sorical e Veolia la Calabria è sbarcata nel grande business mondiale. Se la fa con quei palloni veramente grossi, quelli pieni di schifezza, quelli che si sono sgonfiati in questi mesi di crisi finanziaria. E quindi noi calabresi in qualche modo, bevendo un bicchiere d’acqua o pagando la bolletta, possiamo illuderci di essere entrati nel GCM nel Grande Crac Mondiale.
Non ci credete?
Facciamo un esempio. A maggio scorso la Sorical calabrese, ha firmato un contratto di finanziamento di 240 milioni di euro con la irlandese Depfa. La Depfa è un’altra multinazionale che presta soldi agli enti pubblici e ne presta tanti da avere accumulato crediti in Italia per 34.5 miliardi. Molti dei prodotti Depfa, per esempio quelli affibiati al comune di Milano, sono quelli della finanza creativa, i famosi derivati che oggi sono definiti tossici. La Depfa negli ultimi tempi è finita in una inchiesta per truffa aggravata, ma nel frattempo era stata acquistata dalla tedesca Hipo Real Estate, anch’essa coinvolta pesantemente nella attuale crisi. Tanto che entrambe sia la Depfa che la Hipo rischiano il fallimento. Non per niente Financial Times ha già definito morta Depfa. Hipo naturalmente non brilla di vitalità. E Sorical che fine farà? Saranno i calabresi quelli che alla fine pagheranno per tutti?
Alta finanza, alti imbrogli, alti casini in cui noi poveri piccoli e soprattutto disinformati cittadini calabresi ci sentiamo impotenti.
Poveri e piccoli noi calabresi lo siamo davvero soprattutto per colpa di chi ci rappresenta ed invece di difendere i nostri diritti ed il nostro patrimonio ci impoverisce e deprime ogni giorno di più. Anche rubandoci l’acqua.
Una sveglia ha tentato di darcela meno di un mese fa il frate comboniano Alex Zanotelli che essendosene occupato da sempre, di queste cose se ne intende davvero.
Dal pulpito della cattedrale di Crotone ha gridato: “guai a voi, calabresi, se vi farete portare via la vostra acqua, che è una delle migliori del Paese. I vostri figli vi malediranno e ne avranno ragione. È vostro dovere combattere per riappropriarvi di questa risorsa preziosa che appartiene solo a voi. A Napoli e in altri posti d’Italia l’acqua, che è un bene di prima necessità, Veolia la fa pagare a tariffe altissime, e a chi non può pagare si impone la riduzione idrica al contatore. Questo è vergognoso, tutti hanno diritto all’acqua perché è un bene di vitale importanza, anche per chi è povero! È invece per molti questo diritto non è riconosciuto, una vera assurdità soprattutto in un posto come la Calabria in cui l’acqua c’è ed è anche buona e pura”.
Guai a noi se non difendiamo la nostra acqua, dice Padre Zanotelli.
Ma cosa fare? Come fare?
Per intanto possiamo almeno informarci e sapere che ci stanno fregando e come ci stanno fregando.
Non è molto. Altrove, perfino a Reggio Calabria, stanno facendo di più. manifestazioni, assemblee, comitati.
Noi da qualche parte dobbiamo pure incominciare.
Per questo presentiamo il libro di Giuseppe Pizzi “SOS ACQUA” edito da ADG edizioni di Soverato. Ottanta pagine buttate giù nello stile asciutto e privo di fronzoli del mai morto pamphlet, che riprendono e mettono insieme casi di cronaca e inchieste giudiziarie.
Giuseppe Pizzi è reggino ma vive e lavora a Latina.
E’ redattore de Il Calabrone ma scrive anche su altri giornali.
Si occupa da anni delle grandi questioni connesse all’attività umana in Italia e nel sud. Dal problema della pesca e del rischio di estinzione di specie importanti dal punto di vista dell’economia e dell’alimentazione come il tonno ed il pesce azzurro, al problema dell’acqua potabile.

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